Simona Faraone capisce che la sua vita sarà nei club di tutta Italia e non solo da ben prima che l’essere dj fosse una moda. Fin dalle prime battute della conversazione avuta con lei ci dice che per quanto le riguarda non esistono differenze di generi in consolle, queste sono le sue parole a riguardo: “Se un dj ha qualcosa di serio da dire musicalmente , a mio avviso, è oltre i generi sessuali e le mode”. Per 15mins è un gran onore intervistare una persona che nel corso degli anni è sempre rimasta fedele e indipendente senza mai farsi influenzare da mode passeggere.
Mr.15mins:  “La tua storia come dj inizia un po’ di anni fa, vuoi raccontarci le tappe più importanti di questi tuoi anni dietro la consolle?”

Simona Faraone: “La mia passione per la musica è iniziata  molto presto, quando , adolescente, seguivo mio papà che frequentava alcuni amici che avevano dato vita ad una piccola emittente locale sul litorale romano, erano gli anni ’70 ed esplodeva la moda delle radio libere, non solo quelle politicizzate ma anche quelle dove la musica veniva diffusa 24 ore no-stop, e la programmazione era spesso improvvisata, c’era un’euforia contagiosa che mi coinvolse subito.

Anche mio papà era un appassionato di musica e per un certo periodo ebbe un suo programma serale in quella radio, dove proponeva al pubblico degli ascoltatori gli stessi dischi che ascoltavamo in casa. Con lui ho frequentato i primi negozi di dischi e alcuni anni dopo ho pensato seriamente di cimentarmi in questa professione, prima come speaker radiofonica, poi come disc-jockey”. Ufficialmente l’anno in cui ritengo che questa passione sia diventata per me una professione è il 1987.

Ero cliente dello storico negozio di dischi romano Goody Music, dove alcuni anni dopo lavorai anche come commessa.
Suonare in una consolle in quegli anni a Roma era impresa assai ardua, era molto difficile conquistarsi un proprio spazio. Mi sono trovata storicamente nel periodo di passaggio tra un certo modo di concepire il club, la discoteca, di come fare il mestiere del dj e il grande cambiamento che arrivava con la cultura hip hop e  l’house music, che stravolsero tutto.
Nel mio percorso professionale in tutti questi anni non mi sono mai legata del tutto ad una scena musicale in particolare qui in Italia, seguendo invece la mia tendenza “apolide” e la mia curiosità a muovermi sempre in città diverse e a sperimentare musicalmente secondo la mia sensibilità, diciamo che questo mio modo di essere non mi ha certamente facilitata. La mia prima consolle come dj resident non fu a Roma, ma in un club alle porte di Milano, il Country Club di Siziano, nel 1990.

L’anno successivo tornai a Roma e partecipai al movimento techno, fortemente radicato con la realtà culturale e sociale della città.
La generazione dei miei coetanei dj romani che furono protagonisti del cosiddetto fenomeno dei Rave party, era una generazione di talenti, e la forza di quel movimento credo sia stata proprio in questa  prepotenza musicale,  che coinvolse anche me. E’ stato un vero peccato che questo importante movimento non sia stato gestito in modo più responsabile,creando una continuità negli anni successivi. La scena si frammentò per poi essere assorbita in altri contesti molto diversi dallo spirito iniziale. Rimane comunque un movimento che ebbe caratteristiche uniche in Italia. Successivamente gli stessi dj del vecchio Link di Bologna hanno guardato alla scena techno romana con molto rispetto.
La techno che preferivo suonare era quella di Detroit, sceglievo i dischi non facendomi condizionare da quello che suonavano gli altri, ho sempre fatto così. Questa mia indipendenza stilistica mi ha permesso poi di transitare anche nel movimento progressive toscano di metà anni ’90, che ritengo essere stato molto importante per la scena clubbing italiana.
Ho suonato in tanti club in Toscana , Veneto, Umbria, Emilia Romagna, Lombardia….quasi tutti i più importanti di quegli anni.
Gli anni ’90 , sono stati anni di eccessi, con maratone musicali che duravano 2 giorni, serate e after hour senza sosta, come se il weekend non dovesse mai terminare. Credo sia il motivo per cui il pubblico che ha fatto parte di quel movimento abbia ancora vivo il ricordo di quella musica e di quelle serate, e grazie ai social network, oggi sono nati molti movimenti “nostalgici”. Firenze divenne la mia seconda residenza, mi trasferii qui alla metà degli anni ’90. Ho suonato in quasi tutti i club di questa città, all’epoca molto viva nel settore notturno. E’ stato un periodo molto intenso musicalmente per me. A Firenze conobbi anche il Principe Maurice, di cui divenni molto amica e con il quale abbiamo anche dato vita a serate sperimentali e coraggiose come quella dello Yab nel 1996  “Metamorfear, chi ha paura del cambiamento?”  e a progetti performativi come quello con gli Androidi Divini, sculture di metallo ispirate alle antiche divinità egizie, create dallo scultore modenese Alessandro Pica. Dopo quegli anni di eccessi all’inizio dei 2000 sono tornata a Roma per un periodo. Iniziava un grande cambiamento per me dal punto di vista musicale e ho messo in discussione diverse cose che non mi stimolavano più positivamente. Sono tornata a vivere stabilmente a Firenze  nel 2009, e da allora ho finalizzato tutto alla ricerca musicale, sviluppando un mio personale modo di fare il djing, con un gusto eclettico, che mette insieme tutta la mia esperienza precedente degli anni passati, senza essere nostalgica, ma come punto di partenza per nuove contaminazioni. Non ho mai abbandonato il vinile e credo che mi venga riconosciuta una certa onestà professionale nel non voler mai apparire al di sopra della situazione. Sono semplicemente quello che suono .

Mr.15mins: “Al giorno d’oggi dj donne ce ne sono parecchie e forse talvolta è anche una moda, quando tu hai iniziato come era vista una donna che suonava i dischi?”

Simona Faraone: “Quando ho iniziato a suonare non ho mai pensato al fatto “sessuale”, anche se ero ben conscia di essere una minoranza rispetto agli altri colleghi, prevalentemente uomini. Come dici tu , molto spesso ,adesso, essere dj donna è diventata una moda, e di ciò sono responsabili alcuni promoter e agenzie di booking che vogliono trasformare questo mestiere in una moda, appunto, creando personaggi effimeri non solo al femminile ma anche al maschile. Se un dj ha qualcosa di serio da dire musicalmente , a mio avviso, è oltre i generi sessuali e le mode”.

Mr.15mins: “Nell’ultimo periodo si sono viste DJ che hanno fatto parlare di sè più per la loro immagine che per la loro musica, cosa ne pensi di queste persone?”

Simona Farone: “Diciamo che fortunatamente non mi capita di imbattermi in questo genere di dj e di serate, frequentando club molto lontani da questo modo di concepire la figura del dj, e dove questi personaggi non vengono minimamente presi in considerazione. Allo stesso tempo credo che i club che prendono in considerazione un certo tipo di dj “al femminile” , non potranno mai essere interessati al mio modo di suonare e di fare djing”.

Mr.15mins: “A metà anni ’90 hai iniziato anche con alcune produzioni che hanno avuto un buon successo, ai giorni nostri stai ancora producendo o ti dedichi solamente al djing?”

Simona Faraone: “Mi ritengo più dj che producer. Le produzioni a cui ti riferisci furono parte di un progetto del 1995/96 al quale diede vita il dj emiliano Piero Zeta, che aveva anche un noto negozio di vinili a Faenza, molto frequentato soprattutto dai dj techno della riviera romagnola. Piero coinvolse me e altri colleghi, protagonisti di diverse scene musicali  del Nord Italia, nel progetto discografico “Djs’ United Groove”, un doppio album dove ognuno di noi contribuì con una sua produzione. L’operazione fu realizzata presso gli studi modenesi di Bob One, titolare dell’American Records, con una certa esperienza nella discografia dance dalla fine degli anni 80, che è stato il nostro produttore . Nacquero due etichette con quel doppio album, la Tomahawk e la Sushi , e divenne emblematico del movimento techno-progressive italiano di quegli anni . Sono felice di averne fatto parte. Seguirono alcuni 12” dopo l’album, tra cui il mio EP Hieroglyphic Project su Tomahawk. Ringrazio ancora il sound engineer Filippo Lo Nardo per avermi aiutata a realizzare le mie produzioni su Tomahawk. Ad oggi il mio interesse si è spostato sulla produzione esecutiva di altri artisti. Attualmente sono diventata la nuova partner della label del mio compagno Marco Celeri (dj producer aka Cosmic Twirl)  :  Roots Underground Records, etichetta attiva dal 2012, che in questo periodo sta passando dal digitale al supporto fisico. Abbiamo appena pubblicato la prima compilation Various Artists della label, il CD compilation “United Republic Of Music”, con la partecipazione di artisti sia italiani sia stranieri  Abyssy, Feel Fly, Cosmic Twirl & Reekee, Robotalco, Cottam, Anaxander, Nicuri, Tom Mc Connell, presentandola in anteprima alla Convention fiorentina dello scorso ottobre Grabber Soul/Beatcon#2. E’ di imminente pubblicazione la stampa super limitata di 50 copie numerate dell’ultima release digitale, l’EP di Reekee – Soul Dept, con un remix di Kai Alcè. Stiamo lavorando alla stampa della prima release solo in vinile della label, che sarà un EP dell’artista italiano SofaTalk (Piero Paolinelli), con un remix vocal del dj francese Kris Tdjan, che uscirà nel 2016.

Come dj mi piace muovermi in territori molto specifici, musicalmente a me affini . I miei dj set spaziano dal jazz cosmico,al funk e soul jazz, dall’ elettronica astratta, alla techno più sperimentale , dall’afrobeat al nuovo hip hop futurista. In questi ultimi anni sono stata ospite di AFA c/o Ex Forno Mambo, Dancity Nights / Serendipity, Monkey Morning Bar (Milano), 65metriquadri (Milano), L’Osservatorio Astronomico in Dude Club (Milano), ORK e moltissimi altri ancora”.

Mr. 15mins: “Hai avuto importanti esperienze in molte radio italiane, cosa rappresenta per te questo mezzo di comunicazione che negli ultimi anni ha sicuramente subito un rallentamento anche a causa del web”.

Simona Faraone: “In realtà la mia attività radiofonica non è stata così intensa. Sicuramente ricordo molto bene la mia esperienza nelle emittenti Radio Centro Suono di Roma e Radio Italia Network a Bologna, mentre nella prima mi cimentavo anche come speaker al fianco del dj/speaker Andrea Torre in un programma del sabato sera che avevamo concepito insieme, con la partnership di un free magazine che si chiamava WEB ( nome lungimirante direi )  , nella seconda contribuivo come dj con  miei mixati per il programma Underland curato dal dj Steeve. Entrambe queste emittenti sono state la colonna sonora ufficiale di due movimenti importanti, quello techno e house romano e quello clubbing italiano degli anni 90.
Poi ci furono alcune altre esperienze episodiche, come TRS Underground Station di Roma nel 1992 ,  la partecipazione al programma Contaminazioni Notturne condotto dal Principe Maurice nella prima Radio Capital a Milano nel 1996, e Radio Micca, all’interno del Micca club a Roma per un breve periodo negli anni 2000. La radio come ho già detto è stato il mio primo approccio con il mondo della musica, è un mezzo che considero tuttora molto importante. Naturalmente il web oggi ha la capacità di attrarre maggiormente l’attenzione dell’ ascoltatore musicalmente più esigente. Le web radio sono tantissime e offrono una scelta musicale più varia  delle radio in FM , mi riferisco con ciò ai grandi network radiofonici, diventati troppo generalisti. Un esempio di successo più recente è la web radio londinese NTS”.

Mr.15mins: “Web Radio, format come Boiler Room o altri progetti che si trovano oggi on-line. Come vedi questa evoluzione musicale del giorno d’oggi?”
 
Simona Faraone: “Il web è decisamente predominante oggi nella fruizione della musica. Vedo positivamente tutta questa evoluzione, perchè ci da più strumenti rispetto al passato per essere informati in tempo reale su tutto quello che succede musicalmente nel mondo. Ci vuole però il giusto metodo, ovvero non ridurre tutto al web, bisogna vivere molto l’esperienza dal vivo, andare ai concerti e vedere i musicisti dal vivo non è la stessa cosa che guardare il medesimo concerto in un video su Youtube.  Stesso discorso vale per i format come la Boiler Room, che hanno un po’ snaturalizzato il rapporto dj/pubblico/dancefloor,  ponendo il dj in una sorta di vetrina mediatica che ha davanti a sè non più un pubblico di ballerini, “attivi” e animatori di un dancefloor vivo e pulsante, ma di osservatori “passivi” della sua “azione scenica”.
Il web infine è importante perchè dà la possibilità a dj come me, ( non molto visibili in contesti clubbing condizionati nella loro programmazione dalle agenzie di booking che propongono solo determinati djs)  di essere conosciuti musicalmente grazie alla pubblicazione di selezioni mixate nei vari siti web che promuovono podcast più alternativi.